Con la risposta n. 156 del 2025, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito in modo esplicito che l’installazione di impianti fotovoltaici su suolo agricolo non rientra nel regime dell’inversione contabile (reverse charge), previsto per le attività edili. Si tratta di una presa di posizione significativa per il settore agro-energetico, sempre più coinvolto nei processi di transizione ecologica.
È un meccanismo speciale di applicazione dell’IVA che trasferisce l’obbligo di versamento dell’imposta dal fornitore al committente ed è stato introdotto per contrastare l’evasione fiscale in ambiti ad alto rischio, disciplinato dall’art. 17, comma 6, lettera a-ter) del DPR 633/1972. L’inversione contabile si applica esclusivamente a specifiche prestazioni nel settore edile: costruzione, ristrutturazione, manutenzione, installazione di impianti. Tuttavia, la norma impone un vincolo fondamentale: le attività devono riguardare edifici, ossia strutture dotate di destinazione d’uso stabile, come abitazioni, capannoni o fabbricati industriali. Sono quindi escluse le opere eseguite su terreni o su beni che non possiedono le caratteristiche tipiche di un edificio.
Nel caso dell’agrivoltaico – tecnologia che integra la produzione di energia solare con l’attività agricola – i pannelli fotovoltaici vengono installati direttamente su terreni agricoli, spesso con strutture leggere e senza connessione ad edifici preesistenti. Anche quando l’impianto è tecnicamente complesso o multifunzionale, manca comunque il presupposto oggettivo richiesto dalla normativa IVA: il legame strutturale e funzionale con un edificio. La risposta dell’Agenzia delle Entrate non lascia spazio a dubbi: l’installazione di impianti agrivoltaici su terreni agricoli non consente l’applicazione del reverse charge. La sola destinazione agricola del terreno non basta per far rientrare l’intervento nel perimetro delle attività edilizie previste dalla legge.
Questa interpretazione ha conseguenze pratiche rilevanti per aziende agricole, ESCo (Energy Service Company) e investitori che operano in ambito agrivoltaico, perchè l’installazione degli impianti dovrà essere assoggettata all’IVA ordinaria, con impatto diretto sui flussi finanziari e sul piano economico-fiscale dei progetti. Nei progetti di sviluppo energetico in ambito rurale, dunque, sarà fondamentale tenere conto del regime IVA applicabile sin dalla fase di progettazione, evitando ipotesi di ottimizzazione fiscale non coerenti con l’orientamento dell’Agenzia.
Un’eccezione, almeno teorica, potrebbe riguardare i casi in cui l’impianto agrivoltaico sia collegato in modo diretto e funzionale a un edificio esistente, come una serra, una stalla o un magazzino agricolo. In presenza di un nesso strutturale chiaro, potrebbe essere valutata l’applicazione del reverse charge. Tuttavia, si tratterebbe di ipotesi da esaminare caso per caso, alla luce della documentazione tecnica e della reale funzione dell’impianto.
L’intervento dell’Agenzia delle Entrate fornisce certezza interpretativa su un tema di crescente interesse, contribuendo a delineare con maggiore precisione i confini fiscali dell’agrivoltaico. Per gli operatori del settore, il messaggio è chiaro: niente inversione contabile per gli impianti su suolo agricolo, a meno di collegamenti diretti con edifici esistenti – un aspetto che dovrà essere attentamente considerato nella fase progettuale e contrattuale di ogni intervento agro-energetico.